Giunto al traguardo a Bitonto (Bari), per i docenti dell’IC Cassano-De Renzio, il Corso di formazione “Scrivo: ho qualcosa da dire” su scrittura cre-attiva e pro-attiva, fortemente voluto dalla Dirigente scolastica dott.ssa Anna Bellezza, ed animato da Roberto Alborghetti, giornalista e scrittore, con la docente Anna Maria Cutrone, che presenta esperienze didattiche maturate e vissute nell’ambito dello stesso Istituto comprensivo. Dopo le giornate in presenza, il 22, 23 e 24 giugno si sono tenute quelle in autoapprendimento, nel corso delle quali sono stati messi a disposizione dei corsisti materiali di approfondimento. Nella testimonianza che segue, Roberto Alborghetti ci offre alcune riflessioni sul contenuto dell’iniziativa formativa, promossa in collaborazione con Funtasy Editrice, accolta con grande partecipazione ed interesse da parte dei docenti.
DAL CHAOS AL PHAOS di Roberto Alborghetti
Dal chaos al phaos. Dal disordine alla luce. E alla fantasia, termine che per Aristotele ha radice etimologica proprio in phaos, nel potere illuminante dell’immaginazione e delle risorse creative. Se c’è un filo conduttore che intreccia le giornate del Corso di formazione docenti – promosso a Bitonto (BA) dall’Istituto comprensivo “Cassano-De Renzio”, guidato dalla DS dott.ssa Anna Bellezza – è quello di portare motivazioni, suggestioni e provocazioni in una fase in cui la scuola e l’insegnamento stanno attraversando nuove problematiche (e sfide) a seguito dell’emergenza causata dal coronavirus, segnata proprio da rimbombi e frastuoni verbali che hanno generato incapacità di comprendersi e incomunicabilità.
L’attenzione è focalizzata sulla scrittura, sui linguaggi e sulla comprensione del senso delle parole, discipline sempre più sotto attacco, come rilevato dalle ricerche OCSE che inchiodano altissime percentuali della popolazione italiana al muro dell’analfabetismo funzionale, con tutti i rischi connessi in termini di progresso culturale, benessere mentale e sviluppo globale. Necessariamente, nell’impostazione del Corso, i concetti di “scrivere” (nel significato originale di “incidere segni”) e di ”in-segnare” ( ossia, di “imprimere dei segni” nella vita delle persone) sono stati volutamente affiancati ed uniti, proprio perché le vicende dell’umanità sono sempre state alimentate dalle parole che si fanno esperienza concreta di vita. E di educazione.
Nella scuola di oggi – come del resto nella società – è di vitale importanza riportare gli occhi e la mente sull’alfabeto e sugli alfabeti. Come ho voluto sottolineare più volte ai docenti di Bitonto, migliore il nostro uso delle parole, migliore sarà la nostra azione cre-attiva e pro-attiva nella realtà che ci circonda. Appunto: dal chaos dell’incomprensione e della confusione, al phaos dell’armonia e del rispetto degli equilibri su cui si regge l’esistenza delle persone. La scuola, in questo senso, è decisiva per tutto e in tutto. Una migliore comprensione dei linguaggi porta ad un miglioramento complessivo delle condizioni di vita delle persone e della società. Proprio perché il progresso culturale non è altro che un progresso di linguaggio (Paul Chauchard).
Nel corso dei secoli, i traguardi e le conquiste umane sono stati segnati, nei punti più alti, quando il chaos della babele ha lasciato spazio al phaos delle parole nuove che davano senso alla vita e all’ambiente di vita, soprattutto a quelle sussurrate e pronunciate a partire dai primi nostri respiri. Quanto l’assenza di parole possa condizionare l’essere umano fin dalla culla, l’ho documentato nel raccontare e rivivere le crude (e crudeli) vicende di Federico II e quelle, meno invasive, ma ugualmente sconvolgenti, del ricercatore Renè Spitz. Proprio perché è la parola a farsi vita. A garantire la vita. Ad accendere il phaos nel chaos, in tutti i livelli dell’esistenza delle persone e delle “comunità di vita”, come recita una moderna nozione giuridica.
Lo dimostra, tanto per non andare lontano, la stessa realtà territoriale di Bitonto, il suo centro storico, l’epicentro di luce dei suoi monumenti (e non c’è solo la cattedrale), le terre coltivate e scolpite dall’ingegno e dalla creatività, l’armonia degli spazi naturali, gli stessi muri “a secco” che, pietra su pietra, erano e sono continuamente ri-composti e ri-sistemati, in un ordine urbanistico che era, ed è, anche e soprattutto mentale. Sono le parole, sempre nuove ed affascinanti, della cittadinanza a farci da antidoto nei fenomeni della “diffusione del disordine” e del principio della “finestra rotta” che, appunto, non sono soltanto “parole”, ma comportamenti che poi innescano i vortici del degrado del paesaggio, dello spaesamento, dei comportamenti deviati, della stessa criminalità (non per niente la chiamano “environmental criminology”).
Tornare a capirci, a comprendere il senso delle parole, a veicolarle meglio, è un’emergenza nazionale che anche il contagio del coronavirus ha rivelato nella sua urgenza e drammaticità. La scuola è chiamata a giocare una partita decisiva, oltre i programmi – che, è stato ribadito nel Corso, non esistono più, sostituiti da ormai 3 lustri dalle “indicazioni nazionali” – e oltre le paure. Le aule ci aprono ogni giorno infinite possibilità di sperimentare e creare. Non dobbiamo avere paura di confrontarci con il nuovo. Come diceva Victor Hugo, dobbiamo essere come gli alberi, che rinnovano le foglie ad ogni primavera, ma restano saldi nelle radici.
R.A.
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